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IL VIDEOGIOCO È AUDIOVISIVO

Dalle analogie con il cinema alla ricerca di una propria identità

di Fabrizia Malgieri

Il videogioco è audiovisivo, il videogioco è prodotto culturale, il videogioco è rapporto uomo-macchina. Ma soprattutto, il videogioco è inter(pret)azione. I Paesi Anglosassoni usano il termine to play per abbracciare una molteplicità di significati, tra cui “giocare” e “interpretare” che per il medium videoludico sono due elementi imprescindibili e fortemente legati tra loro. Quando impugna un controller tra le mani o utilizza tastiera e mouse, il giocatore ha quel potere straordinario di controllo sull’esperienza; gioca, appunto, in base a regole stabilite dal videogioco stesso, ma al contempo ha la possibilità di muoversi e agire nello spazio digitale, interpretando ogni volta un personaggio differente. Come in un film, di cui diventa attore, ma ancor più del film, perché interagisce con l’esperienza attraverso un avatar che è un alter ego del sé. E se lo schermo del cinema è impenetrabile, ruvido, un limen invalicabile, quello del videogioco, invece, è straordinariamente poroso, elastico, malleabile – un po’ come in Videodrome (1983) di David Cronenberg. A differenza dello spettatore cinematografico, il videogiocatore è parte attiva dell’esperienza, interpreta e interagisce; come in un film ma più di un film, appunto.

videodrome

Videodrome di David Cronenberg

Eppure, ci sono stati diversi momenti in cui Cinema e Videogioco hanno condiviso numerose analogie. Nonostante siano arti molto lontane tra loro, soprattutto a partire dalle loro diverse modalità di fruizione e dal modo in cui si rapportano con il proprio utente, la loro storia vanta molti punti di contatto. Si pensi, ad esempio, allo sperimentalismo che ha mosso le origini di entrambi i media: da un lato, nel cinema, quel desiderio dei Fratelli Lumière di catturare l’immagine in movimento perché quella statica della fotografia o, meglio, la costruzione dell’immagine fotografica non bastava più. Ed è così che i due pionieri della settima arte intuiscono che il modo migliore per uscire da qualcosa di costruito e tentare di intrappolare un frammento di realtà, fosse piazzare una cinepresa e lasciare che tutto davanti all’obiettivo scorresse, senza soluzione di continuità. Il racconto si dipana attraverso una porzione di spazio, in una finestra – come teorizzato dallo storico e critico del cinema Leo Braudy, la finestra in un film implica che il mondo si perpetui spazialmente e temporalmente al di fuori dell’inquadratura – dove a muoversi e ad agire è il mondo esterno, non la camera. La sperimentazione è anche ciò che anima gli albori del medium videoludico: non a caso, uno dei primissimi esempi di proto-gioco elettronico, Nimrod, viene esposto al Festival of Britain nel 1951 e permette ai visitatori, usando delle manopole, di sfidare un computer ad un gioco matematico chiamato Nim. Non solo: esattamente come il racconto “documentaristico” dei Lumière, che si anima all’interno di una finestra, anche il videogioco delle origini non si esaurisce all’interno di quel confine stabilito dall’inquadratura. Si pensi ad una partita a Pong (1972) o a Galaga (1981): l’azione interna alla finestra - qui data da uno schermo televisivo o da quello di un cabinato – non si esaurisce in quei confini, presuppone un mondo esterno all’inquadratura che si ricrea e agisce potenzialmente all’infinito su ciò che vediamo.

spaceinvaders

La lotta per sconfiggere gli alieni in Space Invaders

Ma non c’è solo sperimentalismo; entrambi i media condividono soprattutto una natura votata all’intrattenimento. Il cinema dei Lumière, ma ancor di più il cinema di Georges Méliès – non a caso questa primissima fase della storia della settima arte viene definita «Cinema delle attrazioni» –, era pensato per raccontare storie, o semplicemente per intrattenere un pubblico, magari anche dietro il prezzo di un biglietto. Nei primi del ‘900, infatti, nel Nord America si diffonde il fenomeno del nickelodeon, spazi coperti all’interno dei quali venivano proiettate pellicole pagando un biglietto che costava, appunto, un nichelino. In un modo non tanto diverso, i visitatori del Brookhaven National Laboratory a Long Island venivano spesso intrattenuti da Tennis for two, uno dei primissimi esempi di gioco elettronico ad utilizzare un display grafico, ideato dal fisico William Higinbotham – con lo scopo, appunto, di rendere più divertente le noiose visite guidate al laboratorio. Un nichelino è anche il costo di una partita al cabinato, che – esattamente come quello pagato dagli spettatori dei primi proto-cinema degli inizi del Novecento – permetteva di accedere a mondi altri, nuovi, inediti. Anche compiere viaggi interstellari, che sia con Viaggio nella Luna (1902) di Georges Méliès o con Space Invaders (1978) di Tomohiro Nishikado.

E poi c’è un momento, a partire dagli anni Ottanta, in cui il rapporto cinema-videogioco inizia a stringersi sempre più, proprio perché il medium videoludico sente l’esigenza di uscire da quella finestra che era stata la sua casa per tanto tempo. Il videogioco inizia a prendere consapevolezza di sé – di essere qualcosa d’altro rispetto al mondo dell’audiovisivo a cui appartiene – e comprende che è necessario provare a scrivere un proprio linguaggio; tuttavia, per inventarlo, era necessario affidarsi ad un linguaggio già ben codificato e ad esso affine, come poteva essere quello cinematografico. Ed è così che il videogioco comprende l’importanza di una telecamera – fino a quel momento inutile, perché l’azione si consumava all’interno di una finestra e, a suo modo, di una cornice – e non solo perché diventa uno strumento utile per raccontare storie più elaborate, ma anche per ricordare al videogiocatore il potere unico che ha tra le sue mani: il controllo sull’azione interna al quadro, dato dall’interazione.

Super Mario Bros Articolo 1 Fabrizia Malgieri

Super Mario Bros e la sua camera a scorrimento

Pensiamo al primissimo Super Mario Bros. (1985) e all’uso inedito che fa della telecamera. In qualità di videogioco platform a scorrimento laterale, la camera non è più fissa sullo schermo, ma segue a distanza – quasi come in un campo lungo – l’azione interna alla finestra, ma, per certi versi, è il giocatore che, controllando Super Mario, sposta il punto di vista, che tuttavia resta sempre Mario-centrico. Il giocatore, dunque, non è più solo fruitore dell’esperienza, ma a suo modo ne diventa un po’ il cameraman; l’utente inizia ad avere un controllo su come guardare – anche se in modo ancora limitato, perché può esplorare lo scenario solo andando da sinistra verso destra, senza alcuna possibilità di tornate indietro –, un aspetto che diventerà ancora più interessante con l’arrivo della tecnologia 3D nel videogioco.

Il linguaggio filmico diventa a poco a poco terreno sperimentale per il videogioco, che lo usa e lo reinterpreta per consolidarsi come medium audiovisivo. È il 1993 quando id Software lancia sul mercato Doom, il quale – insieme a Wolfenstein 3D – rappresentano due capisaldi del genere FPS (first-person shooter) che, per esigenze di fruizione, devono necessariamente ricorrere ancora una volta a forme del linguaggio cinematografico. Grazie all’introduzione della tecnologia 3D, il giocatore deve poter esplorare ogni anfratto dello schermo e tenere sotto controllo la situazione. La scelta del punto di vista in soggettiva – fino ad allora poco battuto e nel cinema difficilmente esplorato, a parte rare eccezioni come Una donna nel lago (1947) – diventa necessario per questioni di gameplay. Doom diventa così un lungo piano-sequenza, dove il giocatore, senza soluzione di continuità, si addentra in scenari labirintici, annienta nemici e tiene sempre d’occhio ciò che accade attorno a lui. La scelta del piano sequenza e della profondità di campo – aspetti esplorati e teorizzati in modo esemplare da Orson Welles in Quarto Potere (1941) – vengono dunque applicati a poco a poco nel videogioco, affinché il giocatore possa allenare il suo sguardo a osservare quante più cose possibili accadono sullo schermo. E averne, ancora una volta, potere e sempre più maggior controllo.

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Uno dei primi FPS, Doom di id Software

E mentre il videogioco continua a sperimentare con il linguaggio cinematografico per tutti gli anni Novanta e oltre, dando vita quasi a un genere a sé come il videogioco cinematografico – tra gli autori che maggiormente introiettano il cinema nelle proprie opere c’è soprattutto Hideo Kojima, autore giapponese della serie Metal Gear Solid –, c’è un momento specifico in cui il medium videoludico prende ufficialmente consapevolezza di sé e stabilisce un confine rispetto alla settima arte e al suo linguaggio; in altre parole, ne crea uno proprio perché finalmente è maturo abbastanza da poter procedere in autonomia. È il 1996, anno in cui Nintendo immette sul mercato Super Mario 64 e, con esso, sperimenta una nuova tecnologia: gli stick analogici sul controller nelle mani del giocatore. Grazie alle lezioni apprese da Doom e alla possibilità di muoversi in uno spazio tridimensionale, Super Mario 64 dà pieni poteri al giocatore sul controllo del punto di vista. Seppur il videogioco sia in terza persona – e dunque, la camera mossa dal giocatore è alle spalle di Super Mario – l’utente per la prima volta può scegliere come, dove e cosa guardare utilizzando gli stick analogici che muovono la telecamera interna al gioco. Il videogiocatore, dunque, non si limita più solo a muovere il personaggio all’interno dello scenario, ma muove il suo punto di vista per decidere in che modo farne esperienza.

Ed è esattamente qui, nel momento stesso in cui il videogioco si percepisce come medium con un’identità propria perché dipendente totalmente dal videogiocatore affinché possa esistere, che le strade del cinema e del videogioco sono costrette a separarsi. L’interazione, che è sempre stata la cifra stilistica che ha permesso al videogioco di godere di una propria originalità rispetto ad altre forme d’arte audiovisive, diventa dunque ciò che permette al medium di essere ciò che è.

Un prodotto fondato sull’inter(pret)azione, sulla partecipazione attiva del suo utente e che, nonostante abbia assimilato nel tempo linguaggi mutuati da arti diverse, ne ha creato nel tempo uno suo: innovativo, speciale, unico e che merita di essere esplorato e studiato con grande attenzione; esattamente come abbiamo studiato sin dalla sua nascita la storia del cinema.

 

fabrizia

Classe 1985, Fabrizia Malgieri si è laureata in Cinema, Televisione e New Media per poi conseguire un dottorato di ricerca presso l’Università IULM di Milano con un progetto dedicato ai game studies. Dopo diverse esperienze nel settore televisivo e cinematografico, nel 2013 approda a GameReactor Italia - network presente in 12 Paesi e dedicato ai videogiochi - che ha diretto per 9 anni, e in parallelo dal 2018 collabora con la sezione Tecnologia (ora LogIn) de Il Corriere della Sera, occupandosi esclusivamente di gaming. Attualmente è assegnista di ricerca alla IULM con un progetto sulla rappresentanza e rappresentazione femminile nei videogiochi e nelle serie TV di genere. Appassionata videogiocatrice seriale, divoratrice di cinema e serie TV, geek.

Torna BAG, il premio dedicato agli applied game

Torna il premio Best Applied Game degli Italian Video Game Awards... ma con una importante novità!
La nuova edizione di Rome Video Game Lab premierà due applied game: il migliore tra quelli pubblicati nel 2022 e il migliore tra quelli del 2023. Se sei uno sviluppatore e hai rilasciato un applied game nel corso di uno di questi due anni, candidalo subito! C'è tempo fino a venerdì 15 dicembre.

 

Torna l'area dedicata agli appuntamenti business di RVGL

Venerdì 26 gennaio 2024 gli studi di sviluppo italiani avranno l'opportunità di incontrare buyer nazionali e internazionali per espandere il proprio network e avviare possibili collaborazioni per incrementare il proprio business.
Se sei uno sviluppatore e vuoi partecipare a questa iniziativa, leggi il regolamento e candida il tuo studio compilando il form disponibile a questo indirizzo per ottenere una delle 18 postazioni espositive gratuite. Hai tempo fino a venerdì 8 dicembre. I risultati della selezione verranno comunicati prima delle festività invernali.
 

INSERIRE LA MONETINA

Un invito rivolto alla politica per permettere a un intero comparto di sbocciare

di Carlo Terzano - @Carlo_theThird

Si fa presto a dire “Press Start to Play”. Dietro a ogni videogioco, infatti, ci sono persone (tante), ore di lavoro (tantissime) e soldi investiti (vagonate). Perché i videogiochi saranno anche l’ottava arte, ma restano un comparto economico e come tale hanno bisogno, soprattutto in un periodo storico come questo, di investimenti, linee di credito e sussidi. In questo articolo ci concentreremo proprio sul ruolo giocato, nell'industria, dagli aiuti dei vari stati. Prossimamente analizzeremo il ruolo fondamentale di venture capitalist, piattaforme di fund raising e private equity.

VECCHIA EUROPA, GIOVANI VIDEOGIOCHI

Solo in Europa, gli Stati che hanno scommesso sul comparto - come la vicina Polonia, il Regno Unito, la Germania o l’ancor più vicina Francia - oggi godono di un tessuto industriale di primaria importanza. Pensiamo a titoli del calibro di Cyberpunk 2077, Dead Island e The Witcher. Che cosa hanno in comune oltre al fatto di essere blockbuster videoludici? Esatto: sono stati sviluppati in Polonia.

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Uno scorcio di Night City, la città di Cyberpunk 2077

La Borsa di Varsavia ha un indice ad hoc per il videoludo e il governo polacco ha inondato le software house con fiumi di denaro: la sola CD Projekt Red nel 2016 ha beneficiato di una sovvenzione di oltre 6 milioni di dollari. In Germania, la locomotiva industriale d’Europa, le sovvenzioni al settore hanno fatto sì che nel 2017 il comparto videoludico abbia registrato ricavi per circa 2,1 miliardi di euro: un importo reso ancora più significativo dal fatto che nello stesso anno l’industria musicale si fosse fermata a 1,6 miliardi. E non è detto che gli aiuti alla categoria debbano per forza arrivare sottoforma di sostanziosi assegni.

 

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Tra tramonti, spiagge e zombie in Dead Island 2

Il presidente francese Emmanuel Macron, mentre in pubblico demonizza i videogiochi accusandoli di essere all’origine del disagio giovanile che cova sotto la cenere delle rivolte, nel settembre 2022 aveva voluto annunciare in prima persona che la Francia avrebbe organizzato e ospitato due grandi eventi di esports nel 2023 e nel 2024. Mentre l’anno prima, elargendo a milioni di giovani i 200 euro del cosiddetto GPS della Cultura - un bonus simile a quello ideato qui in Italia dal governo Renzi - aveva detto: “Che siate appassionati di film, musei, romanzi, manga, videogiochi, rap, metal, abbiamo creato il pass culturale per voi” lanciando un messaggio importante a un settore che ha bisogno, oltre dei soldi, soprattutto di una validazione di stampo politico che lo includa nel mondo della cultura. In Italia, il bonus cultura varato nel 2015 non copre le spese di videogiochi, mentre permette l’acquisto di CD musicali e biglietti del cinema.

 

IL RITARDO ITALIANO

Come si vede il nostro Paese in ambito videoludico è ancora parecchio indietro, culturalmente ed economicamente, anche solo rispetto agli altri Stati europei, mentre sarebbe inutile un raffronto con le vere potenze del videoludo, quel duopolio USA-Giappone che è stato spezzato con l’arrivo baldanzoso della Cina.

L’Italia paga anzitutto lo scotto di non aver mai creduto per davvero nelle startup, la forma societaria che, per forza di cose, più si adatta a quella assunta da giovani software house videoludiche appena lanciate, magari dopo un periodo di incubazione universitaria. Risale ormai a 11 anni fa il cosiddetto Startup Act, la normativa che ha definito le caratteristiche delle startup innovative, ne ha istituito il registro e ha promosso misure di sostegno per favorirne la crescita e lo sviluppo. Una legge preziosa, che però avrebbe avuto bisogno di tagliandi e upgrade di varia natura. C'è voluto più o meno lo stesso periodo di tempo affinché vedesse la luce il Tax Credit esteso anche ai videogiochi, introdotto con l’articolo 15 della legge “Disciplina del cinema e dell’audiovisivo” del 14 novembre 2016, n. 220 poi rimasto al palo fino al DM del 12 maggio 2021 recante “Disposizioni applicative in materia di credito di imposta per le imprese di produzione di videogiochi di cui all’articolo 15 della legge 14 novembre 2016, n. 220”.

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Steel Seed, uno dei videogiochi italiani che ha ottenuto il Tax Credit Videogiochi, realizzato da Storm in a Teacup

Il Tax Credit è una misura pensata per il sostegno del mondo del cinema: averla aperta ai videogiochi non è solo un importante aiuto economico, dal momento che riconosce un credito di d’imposta pari al 25% dei costi eleggibili di produzione di un prodotto, fino all’ammontare massimo annuo di 1 milione di euro per impresa o per gruppo di imprese, ma costituisce pure quell’imprimatur di natura politica che il settore va cercando. Anche e soprattutto in Italia.

IL SETTORE VIDEOLUDICO ITALIANO IN NUMERI

Ma siamo solo agli inizi, tanto altro deve essere fatto. Non lo dicono solo gli esperti del settore e gli imprenditori di quel comparto: lo denunciano apertamente i numeri. Al pari degli altri comparti economici del nostro Paese, anche questo è affetto dal dilagare di un nanismo imprenditoriale: pochi colossi, tanti nanerottoli.

Quattro imprese su dieci, infatti, rientrano oggi nella definizione di PMI: era il 30% nel 2021 e appena il 17% nel 2018. Secondo la fotografia scattata da IIDEA - l’Associazione di riferimento che rappresenta l’industria in Italia - per l’anno 2022, si registrano piccoli e incoraggianti passi avanti, non ravvisabili ancora nei fatturati, quanto nella crescita delle imprese con un numero di addetti tra i 10 e i 20, che passano dal 15% del 2021 al 20% attuale. Anche i bilanci comunque migliorano, se si considera che il fatturato generato dalle imprese di produzione si aggira nel 2022 tra i 130 e i 150 milioni di euro, segnando un +30% rispetto all’anno precedente. Il mercato principale di destinazione rimane quello europeo, che esce però ridimensionato (dal 60% nel 2021 al 43%) a beneficio di quello nordamericano, la cui incidenza sul totale passa dal 25% del 2021 al 40% del 2022. Limitato il peso dell’Italia, per quanto in leggero aumento (7%).

Un nanismo imprenditoriale che non solo ci sbatte ai margini del comparto europeo e alle estreme propaggini di quello mondiale, ma che impedisce anche alle software house di casa nostra di avere le risorse, umane ed economiche, per lo sviluppo dei titoli “tripla A”.

Ma qual è il costo necessario per sviluppare videogiochi del genere? Com’è strutturato il mercato globale? Cosa ci aspetta una volta varcata la soglia di casa? Domande importanti, che meritano una risposta e di cui parleremo.

carloteranzao

Carlo Terzano è caporedattore di StartupItalia e collabora quotidianamente con la testata Startmag dove scrive e approfondisce temi legati all'innovazione e all'economia. Ligure, laureato in legge, formatosi professionalmente al Master post-laurea della Scuola di giornalismo dell’Università milanese IULM è giornalista politico ed economico, ha collaborato e collabora anche con Radio 24, R101, Formiche, Corriere Innovazione e Lettera43.it.

Webinar Videogames and Immersive Content Development

Il 5 dicembre 2023 a partire dalle 10.30 si terrà un webinar per presentare il bando "Video Games and Immersive Content Development", lo schema di finanziamento del Programma Europa Creativa MEDIA per lo sviluppo dei videogiochi ed esperienze immersive interattive a carattere narrativo.
Ospite Maria Cristina Lacagnina dell'Ufficio Media di Roma, che presenterà il bando e fornirà le risposte alle domande degli sviluppatori partecipanti. Modererà Roberto Semprebene, Studio Manager di Storm in a Teacup, società che ha ottenuto il sostegno da Europa Creativa nelle precedenti edizioni.
Per partecipare all'incontro, organizzato dall'Ufficio di Roma del Creative Europe Desk Italy Media in collaborazione con Rome Video Game Lab, è necessario registrarsi seguendo le indicazioni disponibili qui 

Promozione su Steam per RVGL24

La sesta edizione di Rome Video Game Lab porta con sé un'altra nuova iniziativa, di calibro internazionale: una promozione esclusiva dedicata ai videogiochi indie su Steam, il negozio videoludico online più grande al mondo!

Se sei uno sviluppatore e vuoi partecipare con i tuoi prodotti a questa fantastica iniziativa che si terrà da lunedì 22 a domenica 28 gennaio 2024, scrivi una email a Giorgio Catania, curatore dell'iniziativa, al seguente indirizzo per ricevere tutti i dettagli e il form da compilare: This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.

C'è tempo fino a giovedì 30 novembre per aderire. Non perdetevi questa fantastica opportunità!